Il post di oggi non poteva che essere di attualità.
Il mondo degli avvocati del lavoro ha subito uno scossone per effetto della pronuncia della scorsa settimana della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’incostituzionalità del Jobs Act con riferimento al criterio di calcolo del risarcimento del danno in caso di licenziamento illegittimo basato sull’anzianità di servizio.

Immagino che per molti una frase di questo tipo crei già molti punti di domanda e allora andiamo con ordine.
Primo, chi è la Corte Costituzionale?
E’ quell’ufficio, composto da Giudici, che ha il compito di verificare se le norme dello Stato e delle Regioni sono conformi a quanto prevede la Costituzione;

dove verificare conformità significa valutare la norma secondo i principi indicati dalla Costituzione

Secondo, cosa significa dichiarare l’incostituzionalità?
La Corte (detta anche Consulta per il palazzo dove si riunisce) prende il contenuto della norma – in questo caso tutto l’impianto del Jobs Act – e si accerta che i suoi contenuti non siano in contrasto con i diritti e le libertà indicati nella Costituzione. Quando rileva questo contrasto emette un provvedimento che “certifica” questa valutazione, dichiarando appunto l’incostituzionalità di tutto o di parte della norma.

Terzo, tutto il Jobs Act è incostituzionale?
No. Dopo gli opportuni accertamenti condotti, la Consulta ha dato il suo parere di incostituzionalità soltanto su una parte del provvedimento, quello relativo alla misura del risarcimento del danno che il Giudice del Lavoro deve quantificare in caso di licenziamento illegittimo.

Quarto, e adesso cosa succede per effetto della pronuncia della Corte?
Ecco questo è il tasto dolente.
Al momento, infatti, la Corte ha solo enunciato il principio; si è cioè limitata a dire:

è incostituzionale quella parte.

Ancora non sono note le motivazioni di questa scelta, senza le quali, anche tutte le implicazioni concrete di questa pronuncia ancora non sono ipotizzabili.

Quindi accade che, nel caso di chi abbia in corso una causa per la prouncia di illegittimità del licenziamento si ritroverà quasi certamente un Giudice che rinvierà ad altra data la successiva udienza e chi una causa non ce l’ha ma sta pensando a come definire il tutto??
L’abilità del legale qui la farà sicuramente da padrone.

C’è chi ritiene che debbano tornare il vigore le precedenti disposizioni della c.d. Legge Fornero e quindi che la determinazione del risarcimento non sia più collegata all’anzianità di servizio prestata nell’azienda ma definita sulla scorta di valutazioni svolte caso per caso dal Giudice entro i limiti massimi stabiliti dalla legge.
Ma sono certa che altri preferiranno, in ogni caso, continuare ad utilizzare come parametro gli anni di anzianità (come se questa pronuncia non ci fosse) proprio nell’attesa di avere maggiori informazioni su come muoversi.

Non solo.
Come la sottoscritta molti si stanno anche interrogando (pur propendendo per il no) se l’incostituzionalità di quella parte possa avere riflessi anche sul “Decreto Dignità” di recente pubblicazione, ovviamente nella sezione in cui si rideterminano le somme da versare al dipendente in caso di licenziamento illegittimo.

Non resta che concludere che purtroppo fornire al cliente (sia esso un’azienda o un lavoratore) una spiegazione o una prospettiva di fattibilità della causa (in termini economici) allo stato non è agevole; ma, soprattutto potrebbe non essere la risposta corretta.

Non ci resta che attendere, ove questo sia possibile!


Anche l’avvocato è in attesa, raggiungiamo però insieme un’intesa!

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